Spettacolo e cultura in piazza a Torino tra amore e rabbia

A un anno esatto dalla chiusura di teatri, cinema e luoghi dedicati all’arte e alla cultura, continua la mobilitazione degli Operatori dello spettacolo e della cultura del Piemonte, che insieme ad altre ventuno piazze italiane, da Nord a Sud, il 23 febbraio si sono ritrovati in piazza Carignano per rivendicare a gran voce il diritto a tutele, reddito, salute e dignità. Si tratta di una piazza particolarmente triste che si abbraccia a un metro di distanza nel ricordo del collega Omar Rizzato, 41 anni, proprietario di una ditta di palchi e luci, che solo pochi giorni fa si è tolto la vita nel suo stesso magazzino. Ma non ci si lascia andare all’autocommiserazione, anzi questa tristezza fomenta ancora di più la rabbia. Innanzitutto per l’inefficienza dei bonus erogati durante la crisi pandemica, per tutti i ristori rimasti in sospeso in queste settimane di instabilità governativa, per il totale abbandono da parte delle istituzioni nei confronti della categoria. Bisogna che il governo riconosca le condizioni di lavoro usuranti a cui deve far fronte la gran parte del settore e alle quali fa da cornice soprattutto una grave debolezza e incorrettezza contrattuale. Appare urgente la concretizzazione di provvedimenti finalizzati al finanziamento e al sostegno delle piccole e medie produzioni, che fino a un anno fa stringevano i denti e combattevano fino allo stremo per non farsi sovrastare, oggi, se non lo hanno già fatto, rischiano di chiudere per non riaprire mai più. Gli spazi dell’arte e della cultura sono stati i primi a chiudere, gli ultimi a riattivarsi durante la boccata d’aria estiva e ora sono in attesa senza alcuna prospettiva per il futuro: è necessario iniziare a ragionare a un concreto e attento progetto di riapertura e ripartenza in sicurezza, che sia imminente o meno.

La protesta a Torino
Striscioni e slogan degli operatori dello spettacolo a Torino

Comunque la manifestazione non rappresenta né un punto di partenza né di arrivo. Ciò che veniva chiesto a novembre, di fatto, ancora non è stato ascoltato. Ma di fronte al “girare la faccia dall’altro lato” del governo, le operatrici dello spettacolo e della cultura non si fermano, non si fanno scoraggiare, fanno sentire le proprie ragioni a voce ancora più alta.

“MIBAC, fatti aiutare” è questo lo slogan che i manifestanti hanno portato in piazza, richiedendo la tempestiva convocazione di un Tavolo Interministeriale che coinvolga lavoratrici e lavoratori del settore spettacolo e cultura, al quale siedano Ministero del Lavoro, Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Si può dire che da questo punto di vista il movimento abbia ottenuto un piccolo successo: a Roma una delegazione ha potuto incontrare il Presidente della Camera Roberto Fico e consegnargli la piattaforma redatta dal network nazionale, Emergenza Continua. Il Presidente Fico ha preso in carico le istanze presenti nel documento (sottoscritto da oltre ottanta realtà) e ha garantito la sua disponibilità a fare da tramite per avere il più rapidamente possibile una data concreta per il tavolo interministeriale.

Un’altra tappa, un altro passo, ma la vera vittoria, la reale conquista è ancora lontana. Le istituzioni italiane devono smettere di vedere l’arte e la cultura come categorie sacrificabili, quasi fastidiose, da lasciar morire affinché non se ne debba più occupare. L’arte esiste da sempre, ma i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo chiedono ancora riconoscimento e dignità. Non devono continuare ad essere visti come semplici appassionati, che possono, in ogni caso, dedicarsi ad altro. Stanno aspettando una propria legge. C’è bisogno di una riforma del settore, radicale, adeguata e rispettosa, ora e non oltre.

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